I tuoi diritti
BUSTA PAGA
Grazie alla busta paga, il lavoratore può verificare la congruità del proprio stipendio in relazione a quanto stabilito nel contratto individuale di lavoro oltre che nel Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL), ovvero controllare l’ammontare effettivo della retribuzione e può, inoltre, vedere il numero di ore, di ferie e permessi maturati e l’importo dei contributi previdenziali versati dal datore di lavoro.
Come si nota dall'immagine, è divisa in tre parti. Se mancano informazioni nella tua busta paga o se quelle contenute sono sbagliate, hai il diritto di effettuare una contestazione e di procedere per vie legali, a seconda del contesto, entro 5 o 10 anni. Ecco tutti gli elementi che devono essere presenti:
Mese di retribuzione, ossia il mese per il quale viene erogato lo stipendio al lavoratore;
Dati dell’azienda e cioè codice azienda, numero di posizione INAIL e numero di posizione INPS (sia INAIL che INPS rilasciano al datore di lavoro che ne fa richiesta ad inizio attività un numero di matricola per la propria posizione assicurativa);
Dati del lavoratore e cioè dati anagrafici e riferimenti contrattuali, ovvero: cognome e nome, posizione INAIL e INPS, numero di matricola aziendale, data di assunzione ed eventuale data di fine rapporto, tipo di CCNL, qualifica (funzione lavorativa), mansione (attività concretamente svolta), livello (inquadramento del lavoratore in base al CCNL in relazione alla qualifica e alle mansioni. Mediante questi dati si calcola il trattamento economico spettante al lavoratore), retribuzione di fatto, scatti di anzianità, giorni ed ore effettivamente lavorate.
Paga base (o minimo tabellare) che è determinata dal contratto collettivo in base alla categoria, alla qualifica del lavoratore e agli scatti di anzianità, che sono aumenti periodici della retribuzione stabiliti dai contratti collettivi;
Contingenza, ossia un’indennità, introdotta per compensare la perdita di potere d’acquisto delle retribuzioni, ma che dal 2001 non è più aggiornata e rimane fissa;
E.D.R. (Elemento Distinto della Retribuzione) che è una somma mensile di € 10,33 per tredici mensilità, fissa per tutti i lavoratori del settore privato senza distinzione di qualifica o di contratto collettivo applicato.
Ore ordinarie;
Premi;
Ore straordinari;
Indennità ossia la cosiddetta retribuzione indiretta, cioè i giorni di ferie goduti, i permessi, le festività, la malattia, l’infortunio, la maternità ecc.
Dati previdenziali: si trovano nella colonna delle ritenute e comprendono l’imponibile previdenziale e il totale contributi. I contributi previdenziali sono quelli che il datore di lavoro è tenuto a versare all’INPS e all’INAIL per garantire al dipendente la pensione di vecchiaia e di invalidità, i trattamenti economici in caso di malattia e di maternità, Cassa Integrazione e mobilità, gli assegni familiari. Una parte di questi contributi è a carico del lavoratore e sono trattenuti in busta paga, mentre la restante quota è a carico del datore di lavoro
Dati fiscali: comprendono l’imponibile fiscale, l’imposta lorda IRPEF, l’imposta netta IRPEF, le detrazioni d’imposta, totale trattenute IRPEF, addizionali IRPEF.
TFR (Trattamento di Fine Rapporto): comprende il TFR lordo annuo che è pari alla somma di tutte le mensilità lorde maturate diviso 13,5 e l’imponibile TFR che è pari alla somma di tutte le quote maturate anno per anno.
TFR
Il Trattamento di fine rapporto (TFR) è la prestazione economica che spetta al lavoratore dipendente all’atto della cessazione del rapporto di lavoro, per qualsiasi motivo (licenziamento, dimissioni, o raggiungimento dell’età della pensione). Al momento della cessazione del rapporto di lavoro quindi, il lavoratore potrà effettuare una verifica circa l’esattezza dell’importo corrisposto a titolo di TFR.
I tempi di pagamento della liquidazione vanno dai 30 ai 60 giorni a seconda del tipo di contratto. Per il mancato pagamento del TFR, il lavoratore ha 5 anni dalla conclusione del rapporto di lavoro per richiedere il pagamento del TFR al datore di lavoro.
STRAORDINARIO
Per lavoro straordinario si intende il lavoro svolto oltre il normale orario di lavoro. La legge prevede che il lavoro straordinario debba essere contenuto e che debba svolgersi secondo le modalità ed i limiti previsti dalla contrattazione collettiva. In assenza di definizione da parte della contrattazione, la legge stabilisce la durata massima del lavoro straordinario in 250 ore annue. La legge stabilisce che l’orario normale di lavoro è fissato in 40 ore settimanali, demandando alla contrattazione collettiva la possibilità di definire una durata inferiore: considerando pure le ore di straordinario, si può raggiungere un massimo di 48 ore settimanali.
Normalmente il lavoro straordinario viene retribuito attraverso una maggiorazione della retribuzione ordinaria. Tale maggiorazione è prevista dalla contrattazione collettiva.
Sempre la contrattazione può prevedere che, in alternativa alla maggiorazione per il lavoro straordinario, al lavoratore vengano concessi periodi di riposo compensativo.
Il compenso per lavoro straordinario, se corrisposto in modo fisso e continuativo, incide sul calcolo del Trattamento di Fine Rapporto.
Se il contratto collettivo di riferimento prevede il ricorso al lavoro straordinario, il lavoratore non può rifiutarsi di effettuare ore extra di lavoro. Alcuni Ccnl prevedono comunque un consenso del lavoratore.
Il lavoro straordinario non può però essere richiesto in modo obbligatorio (quindi il lavoratore può rifiutare):
se c’è un motivo giustificato per farlo;
se la richiesta del datore di lavoro non corrisponde a una necessità effettiva aziendale;
se la richiesta risulta del tutto arbitraria;
se le ore richieste risultano essere molto superiori all’ordinario;
INDENNITÀ DI MALATTIA
In caso di malattia, la legge tutela il lavoratore sia sotto il profilo della conservazione del rapporto lavorativo, attribuendogli il diritto di assentarsi dal lavoro per un certo lasso di tempo, nel corso del quale il datore di lavoro non potrà licenziarlo; sia sotto il profilo economico, riconoscendogli il diritto a percepire la retribuzione o un’indennità.
In taluni casi l’onere della retribuzione è sostenuto totalmente dal datore di lavoro (malattia non indennizzata dall’INPS), mentre in altri l’INPS eroga l’indennità di malattia, che può essere integrata o meno dal datore di lavoro.
In primo luogo, il lavoratore deve comunicare tempestivamente al datore di lavoro la propria assenza per malattia. Sono poi i singoli contratti collettivi nazionali a stabilire con maggior precisione i tempi entro cui debba avvenire detta comunicazione.
In secondo luogo, il lavoratore deve sottoporsi, in genere già dal primo giorno di malattia, a un accertamento sanitario da parte del medico curante, che rilascia un’apposita certificazione. In caso di malattia che comporti un’assenza dal lavoro superiore a 10 giorni, la certificazione potrà essere rilasciata esclusivamente da un medico del Servizio Sanitario Nazionale (o con esso convenzionato). Allo scopo di rendere possibile il controllo dello stato di malattia, il lavoratore ha l’obbligo di essere reperibile presso l’indirizzo abituale o il domicilio occasionale durante tutta la durata della malattia, comprese le domeniche e i giorni festivi.
La legge oggi prevede che qualora il datore di lavoro licenzi il lavoratore ammalato, in violazione dell’obbligo di conservazione del posto di lavoro durante il periodo di comporto, il giudice lo condannerà alla reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro e al pagamento, a favore del dipendente, di un’indennità risarcitoria non superiore a dodici mensilità. Quanto alle aziende con meno di 15 dipendenti, l’eventuale licenziamento intimato prima della scadenza del periodo di comporto continuerà a considerarsi nullo.
LICENZIAMENTO ILLEGITTIMO
Non si può licenziare un soggetto:
per motivi discriminatori, quindi legati al sesso, alla religione all’etnia, alle opinioni politiche, alle preferenze sessuali, o perché una donna è incinta o un individuo si iscrive a un determinato sindacato
per illeciti disciplinari inesistenti, o non gravi da provocare una sanzione così pesante
per finti riassetti aziendali, se in seguito vengono effettuate nuove assunzioni
per non avere verificato se il soggetto poteva essere trasferito in altri reparti a svolgere mansioni alternative
Ma, un licenziamento illegittimo non avviene soltanto se le cause non sono quelle previste dalla legge, ma anche se non vengono rispettate la procedura e le formalità stabilite.
Il lavoratore può opporsi, quindi ed entro 60 giorni deve inviare una comunicazione all’azienda con la quale dichiara la sua volontà di opporsi.
In caso di licenziamento illegittimo quindi, il lavoraotre ha diritto al pagamento di 2 mensilità per ogni anno di servizio (con un minimo di 6 e un massimo di 36) non soggetta a contribuzione, dove le dimensioni aziendali raggiungano il numero di 16 dipendenti, o di 1 mensilità per ogni anno di servizio ove le dimensioni aziendali non raggiungano il numero di 16 dipendenti.
MANSIONI SUPERIORI AL PROPRIO INQUADRAMENTO (SOVRAMANSIONAMENTO)
L’impiego costante e ripetuto del lavoratore per mansioni superiori dà diritto a quest’ultimo non solo alla maggiorazione del salario, ma anche alla promozione. Così, ad esempio, un aiuto cuoco può diventare un cuoco “in carica”; un addetto al magazzino può diventare un addetto vendite; un addetto vendite può diventare un direttore di reparto. E così via.